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19 LUGLIO 1985

             L’inquinamento del torrente preoccupava anche gli amministratori comunali che chiedevano “di sa-
         pere quali siano i danni che possono provocare agli esseri animali e vegetali le acque di lavaggio che lo
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         stabilimento riversa nel rio Stava ” e che per questo avevano inoltrato richieste anche al Medico provin-
         ciale, senza ottenere tuttavia risposta. La situazione migliorò leggermente negli anni Settanta dopo la co-
         struzione del secondo bacino di decantazione, perché l’acqua “chiarificata” nel bacino di monte veniva
         fatta decantare una seconda volta nel bacino di valle.
             Il terreno nella conca di Pozzole scelto per ospitare il bacino di decantazione aveva una pendenza me-
         dia del 25%, era acquitrinoso, come dichiarato dallo stesso toponimo, e risultò anche poco resistente al
         carico, come confermato dai saggi geotecnici che Rossi fece eseguire in diversi punti di esso (in tali punti il
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         carico di rottura determinato con prove di carico “in situ” risultò di 0,2 kg per cm ,corrispondenti a 19,61
         kPa). Per questo motivo la conduttura di evacuazione dell’acqua fu realizzata con cure particolari  “allo
         scopo di consentirne la deformazione in conformità con i prevedibili cedimenti del terreno costituente il
         fondo del bacino” (Rossi 1973).
             La scelta del luogo dove erigere il bacino (in forte pendenza, a monte di una valle densamente abita-
         ta, acquitrinoso e dotato di minima resistenza, con presenza di falde freatiche nel sottosuolo) viene defini-
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         ta “infelicissima” dai giudici del Tribunale di Trento , mentre la Commissione ministeriale d’inchiesta  la
         definisce addirittura un “errore macroscopico” e non si spiega come mai nessuno abbia dato alcun peso
         all’enorme pericolo potenziale costituito dal contenuto fangoso del bacino di decantazione, posto in zona
         a pendio e a una quota di oltre 100 m più elevata rispetto ad un fondovalle sede di numerosi insediamenti
         residenziali e turistici.
             La torbida residuata dalla lavorazione veniva portata al bacino di decantazione mediante una con-
         duttura lunga circa 400 m. Montecatini diede inizio alla costruzione del bacino di decantazione, che entrò
         in esercizio nel corso del 1962, senza aver ottenuto alcuna autorizzazione.
             Il bacino venne predisposto con la costruzione di un rilevato di base costituito da terreno di scavo, da
         un letto filtrante di fascine e blocchi di basalto e ancorato al terreno naturale mediante un pettine in ce-
         mento armato. Sopra questo rilevato di base venne poi via via innalzato l’argine in sabbia.
             Lungo l’argine operavano due cicloni resi mobili mediante l’innesto su rotaie: ogni passata dei cicloni
         provocava un innalzamento mediamente valutabile intorno ai 3 m. L’argine venne innalzato con il sistema
         a monte. Nel 1969 il primo bacino aveva raggiunto un’altezza di oltre 25 m e occupava quasi per intero
         l’area acquistata a suo tempo da Montecatini nella conca di Pozzole.
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             Mentre dunque affermava di voler innalzare un argine alto 9 m , Montecatini acquistava terreno
         sufficiente per un bacino con argine di oltre 25 m (Fig. 6). Le previsioni non potevano essere diverse:
         avendo l’impianto una potenzialità di 200 t di “tout-venant” al giorno, conoscendo il rapporto fra com-
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         merciale e sterile  e la superficie dell’area destinata a ospitare la discarica, era infatti chiaro fin da subito
         che la quantità degli sterili che negli anni sarebbero stati depositati in discarica avrebbe portato ad avere
         un argine di 9 m nell’arco di tre anni al massimo, come del resto fu.









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          Verbale della seduta del Consiglio Comunale di Tesero del 27 febbraio 1971.
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          Sentenza del Tribunale di Trento.
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          Relazione della Commissione tecnico-amministrativa d’inchiesta.
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          Richiesta di Montecatini inoltrata il 22 aprile 1961 al Genio Civile.
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          A Prestavèl su una tonnellata di “tout-venant” di miniera venivano recuperati in media 440 kg di commerciale.

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